Come la condivisione dell’energia può cambiare il nostro futuro. Quali le opportunità e quali i rischi.

Il contesto
Il DL Mille Proroghe, n. 162 del 30 Dicembre 2019, convertito nella Legge n. 8/2020, all’art. 42 bis introduceva nella normativa italiana le comunità energetiche (CER). L’Italia e il mondo stavano per precipitare nella pandemia, il conflitto russo-ucraino, seppure già innescato sotto traccia, non si era manifestato in modo conclamato, per cui nessuno ancora poteva immaginare che la normativa italiana che attuava la Direttiva Europea Red II 2018/2001 in via per altro sperimentale, si sarebbe dovuta confrontare con un contesto storico così instabile e nello specifico soggetto a violente fluttuazioni del costo dell’energia.
La CER
La finalità di una Comunità Energetica è quella di autoprodurre energia e auto-consumarla localmente il più possibile: per questo motivo nella configurazione di una CER è necessario vi siano degli auto-produttori e autoconsumatori, detti Prosumer e dei semplici consumatori, detti Consumer. I Prosumer quindi producono energia che in parte utilizzano per le loro necessità: quella che avanza viene immessa in rete e può essere virtualmente utilizzata dai Consumer. Se i Consumer non utilizzano tutta l’energia autoprodotta disponibile, quella che resta viene prelevata dalla rete. Allo stato attuale, la configurazione delle Comunità Energetiche codificata nel Decreto Mille Proroghe all’art. 42bis prevede una potenza massima istallabile di produzione di energia relativamente limitata, 199 KWh, e il collegamento alle cabine secondarie che trasformano la media tensione in bassa tensione. Dato che le cabine secondarie servono numeri relativamente piccoli di utenze e pertanto sono in qualche modo vicinali, una Comunità Energetica può svilupparsi in un raggio piuttosto ristretto. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) riconosce per l’autoproduzione e l’autoconsumo dei Prosumer e dei Consumer un contributo di quasi € 0,12/KWh: l’eventuale energia non auto-consumata viene invece ritirata a€ 0,05/KWh.
La nuova disciplina
Con i DLGS 199/2021 e 210/21 la potenza massima installabile sale a 999 KWh e le Comunità potranno collegarsi alle cabine primarie, ovvero le cabine in cui l’alta tensione si trasforma in media tensione e che interessano aree decisamente più ampie, con decine di migliaia di utenze e, non di rado più Comuni. L’attuazione della nuova normativa avverrà alla pubblicazione dei decreti attuativi, attesi per il 2023. Con la nuova disciplina, il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) riconosce un contributo variabile tra € 0,16/KWh e € 0,21/KWh per l’energia autoprodotta autoconsumata dai Prosumer e dai Consumer a seconda delle zone dove la CER e a seconda delle potenze. Per le eventuali ulteriori eccedenze l’energia verrà prelevata attraverso il ritiro dedicato (RID) ad un prezzo di circa € 0,05 al KWh. Da notare che i Consumer continuano a pagare le tariffe usuali applicate dal loro fornitore: se la Comunità Energetica lo prevede, possono ottenere una quota più o meno ampia del contributo del GSE o del RID. Alle Comunità Energetiche possono aderire praticamente tutti, enti pubblici, PMI, cittadini, enti del terzo settore, enti religiosi.
Caratteristiche di funzionamento, Vantaggi & Svantaggi
Sotto il profilo economico il vantaggio più rilevante delle Comunità Energetiche è il risparmio: la normativa prescrive che né le CER né i partecipanti alle CER possano avere come attività principale la produzione e la vendita di energia. Non a caso le CER possono costituirsi come enti senza fini di lucro, quindi come associazioni o cooperative, con uno statuto, un regolamento un iban e un referente. Dato che ogni comunità avrà delle spese di costituzione e un referente e dovrà gestire gli associati e mantenere gli impianti, è evidente che vi saranno al contrario dei costi di gestione, che incideranno sull’entità della parte del contributo GSE e della RID potenzialmente ridistribuitile ai soci. In questo meccanismo risulta chiaro come la parte più debole sia proprio quella dei Consumer: questi, soprattutto nei periodi di picco dei prezzi dell’energia, possono ottenere un beneficio economico trascurabile, magari cinque centesimi per ogni KWh da autoconsumo ricevuti ogni sei mesi o una volta l’anno attraverso la CER. E magari il costo in bolletta è a cinquanta centesimi al KWh, con cadenze di pagamento bimestrale.
Vincoli
Dato che l’entità del contributo GSE, comunque più consistente rispetto al RID, è legata alla quantità di energia autoprodotta consumata dai Consumer soci della CER, risulta chiaro come questi ultimi siano necessari per massimizzare il risultato economico della Comunità, che con una prevalenza di RID avrebbe entrate consistentemente minori. E minori entrate comportano ristorni ai soci ancora più risicati, a fronte di costi di gestione certi. Quindi qui ci troviamo di fronte ad un primo grande collo di bottiglia: perché i Consumer sono così penalizzati? La risposta è complessa perché gli interessi degli stakeholders sono assai diversi e a volte contrapposti. Cittadini, imprese e P.A. locali hanno come principale interesse il contenimento della spesa energetica, i grandi gruppi vedono nella CER l’opportunità di acquistare energia a basso costo senza assumersi gli oneri relativi alla progettazione, istallazione e manutenzione degli impianti, mentre molti operatori finanziari prediligono ancora l’utilizzo delle fonti fossili perché non soggette alla discontinuità climatica e stagionale di alcune rinnovabili come fotovoltaico ed eolico.
Pertanto sulle CER e più in generale sull’autoconsumo si sono interessi contrapposti e difficilmente conciliabili: da un lato abbiamo amministrazioni e comunità locali, PMI, associazioni, cittadini che vorrebbero ampliare i benefici dell’autoproduzione e dell’autoconsumo sia per ragioni economiche, che etiche, che ambientali, dall’altro finanza e grandi gruppi che invece spingono per un approccio decisamente più speculativo. Pertanto l’assetto normativo è spesso confuso e contradditorio, proprio perché stretto tra visioni tra loro difficilmente conciliabili.
Conclusioni
Quindi le CER e l’autoconsumo in generale sono poco utili e destinati al fallimento? Assolutamente no. Il risparmio per i Prosumer è significativo così come i benefici ambientali: se poi parliamo di CER con capofila pubblici, le risorse risparmiate possono essere reinvestite in settori finanziariamente più deboli come il Welfare, la Cultura e la Formazione oppure per come leva economica per l’insediamento nel territorio di nuove e magari innovative imprese. Restano inoltre delle ottime palestre di cittadinanza, perché la questione energetica tocca tutte le classi sociali e sulle tematiche ad essa inerenti mai come oggi si possono riscontrare amplissime convergenze. Per cui, per quanto imperfette, le CER sono un’opportunità da cogliere, anche per incominciare nuovamente a dare ai territori un minimo di controllo sull’energia che utilizzano.